2012-06-12

Tutti la cercano, tutti la vogliono, ma cosa è la felicità?

Tutti la cercano, tutti la desiderano, tutti la sognano, ma quante persone possono dire di essere felici? E soprattutto cos’è la felicità? Molti, troppi, erroneamente credono che essere felici, sia un obiettivo da raggiungere, attraverso le cose belle e di valore economico possedute, con lo svolgere un buon lavoro, con il rivestire posizioni di potere economico o politico, (oggi) con l’essere visibili e partecipare a trasmissioni televisive, con essere “riconosciuti” dagli altri, con l’avere un rapporto sereno con gli amici e avere la classica famiglia della pubblicità del “Mulino Bianco”. Peccato che nasce sempre qualche intoppo, qualche imprevisto, fatalità o disguido, per lo più dipeso da altri o da fattori esterni che non ci permettono di raggiungere le mete prefisse, e quindi non avendo soddisfatto le nostre aspettative, siamo tristi ed infelici. La realtà è questa, ed è proprio questo l’errore che commettiamo: cercare, rincorrere, lottare per ottenere la felicità, attraverso un modello di aspettative fasulle o irrealizzabili, per il normale e misterioso corso della vita. La felicità dipende da noi e solo da noi, dal nostro atteggiamento mentale con cui affrontiamo ogni situazione quotidiana. Gli eventi che accadono ad ogni persona sono quasi uguali per tutti, gioie, delusioni per un amore non corrisposto, per un abbandono, per un concorso vinto o perso, per una disattenzione o ottusità o menefreghismo di chi abbiamo di fronte, per incomprensioni con il partner, con i familiari, con gli amici, per i lutti, per la ricerca faticosa di un lavoro, della casa, ecc… quello che cambia è la nostra reazione ed accettazione nei confronti di questi avvenimenti inevitabili; e ciò fa la differenza tra l’essere ed il non essere felici. La felicità non deriva da situazioni esterne (quanti personaggi ricchi e famosi, che sembrano avere tutto -fama, successo, soldi, visibilità, potere, compagni ambiti, lusso-, tranne che l’essere felici, vedi Britney Spears) ma è uno stato d’animo interiore, da non confondere con la serenità, la gioia e l’allegria. La serenità è l’assenza di preoccupazioni, di turbamenti e di emozioni forti, uno stato di quiete, tra due avvenimenti emotivi. La gioia e l’allegria sono le manifestazioni emotive esterne, che possono essere conseguenti di uno stato di felicità, ma non sono né la causa né sono assimilabili ad essa. Spesso questi termini, vengono usati indifferentemente, ma hanno significati ben diversi; tanto è vero che si può fingere bene di provare gioia o allegria, ma non di essere felici. Studi scientifici hanno dimostrato, che il cervello attimo per attimo è in grado di creare uno stato di pienezza e soddisfazione: la felicità. Peccato che a bloccare ed impedire il lavoro del cervello arrivano i brutti pensieri, le preoccupazioni e l’ansia.
 Questo avviene perché ci hanno insegnato che la felicità si ottiene con il sacrificio, che il dovere viene prima del piacere, che se si è felici prima o poi ci sarà un prezzo da pagare (con dispiacere, tristezza o eventi negativi), quasi che l’essere felici sia una colpa. La felicità è uno stato naturale, interiore e personale ed accade nel presente; ogni attimo è l’attimo giusto per essere felici, se lo rimandiamo o lo leghiamo ad eventi positivi futuri (ma di cui non vi è certezza), allontaniamo consapevolmente la felicità da noi. Vi sono atteggiamenti che agevolano lo sgorgare della felicità come avere un buon rapporto ed accettare se stessi (autostima), accettare tutti gli eventi che accadono come attori protagonisti e non come vittime (predestinate), vivere nel presente - l’unico tempo che esiste - (il futuro crea ansia, il passato nostalgia e/o frustrazioni), vivere le piccole cose quotidiane, come eventi unici e non scontati o ripetitivi e lasciare la mente vuota da pensieri avvelenanti. L’essere felici è compatibile con qualsiasi avvenimento, anche triste che ci accade, è un diritto naturale e non va condannato dalla morale e dai moralisti (i peggiori nemici del benessere e del vivere in pace con se stessi e con gli altri), secondo cui la felicità è un premio o una colpa, e chi è felice viene definito superficiale, inadeguato, insensibile, sempliciotto, che non è cosciente dei problemi reali ma vive in un mondo tutto suo, fuori luogo, ecc… .